lunedì 28 settembre 2009

Carnefici e vittime

Alle volte nell'interpretazione delle vicende, si impossessa di noi una sorta di senso unico. Si presume di fare una chiara distinzione: alcune persone sono sempre e comunque carnefici, altre sono sempre e comunque vittime.

Questa divisione non è veritiera e non corrispoonde sempre al reale. Non e' vero, in altre parole, che alcuni sono sempre attivi-carnefici e altri sempre passivi-vittime. I ruoli si possono invertire e ribaltare in una stessa vicenda, senza alcun preavviso. Lo sanno bene i protagonisti.

Forse si potrebbe ragionare dicendo che l'altro e' carnefice verso di me nella misura in cui glielo permetto. A pensarci bene, infatti, ognuno si costruisce i carnefici che si incastrano a perfezione con le proprie ossessioni. Ciascuno di essi dura alcuni anni, poi viene rimosso o scompare e quasi subito viene rimpiazzato da qualche altro. Perchè su quel punto ho bisogno di uno che mi ferisca e faccia soffrire. Viene il sospetto che li fabbrico io, come in una ripetizione continua di un medesimo copione. C'è chi ha bisogno di sentirsi vittima per dare una ragione alla sua vita e alle sue innumerevoli immaturità, come c'è chi si cala sempre nel ruolo dell'intrasigente punitore delle magagne altrui per colmare la sua sete di controllo.

Conviene, in definitiva, non cadere in questa trappola che consiste nel dividere nettamente questi due ruoli, giacché in vicende dolorose si è un pò carnefici e vittime allo stesso tempo. Lo dimostra il fatto che si sanguina da entrambe le parti, più o meno in egual misura, anche se con una discrezione più facile per la presunta 'vittima', un pò più difficile per il presunto 'carnefice'. L'uno ferisce con i suoi mutismi e la sua testa dura, l'altro con le sue esternazioni spesso aggressive.

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