martedì 15 novembre 2011

Stampa missionaria 15 (ASIANEWS)

pubblicato da Missioni OMI, n. 10/2011

Asianews

di Pasquale Castrilli

In questa puntata della rubrica sull’informazione missionaria, dialoghiamo con Asianews, agenzia stampa missionaria del PIME (Pontificio Istituito Missioni Estere) e con il suo direttore, p. Bernardo Cervellera. Fondata nel 1986 Asianews (www.asianews.it) è disponibile online dal 2003 in tre lingue: italiano, inglese e cinese. L’agenzia, che si basa sulla presenza nel continente asiatico dei missionari PIME da più di un secolo, si definisce come “un aiuto per portare a maturità l’impegno missionario di queste chiese, condividendo le loro fatiche”.

P. Cervellera, chi lavora ad Asianews? Come è composta la struttura della vostra agenzia stampa?

Ci sono cinque persone che lavorano al desk, all’agenzia italiana. L’editio princeps è quella italiana e poi ci sono le traduzioni in inglese e cinese. Ci sono cinque persone, compreso il sottoscritto, che lavorano al desk centrale, due traduttori cinesi e due traduttori inglesi, un’irlandese, un canadese e due cinesi, che sono uno a Hong Kong e l’altro a Prato, che fanno la traduzioni.

Poi c’è una rete di circa trenta corrispondenti, persone che, o fanno i giornalisti o ci mandano materiale. Inoltre ci sono tutti i missionari, non solo del PIME, ai quali ci riferiamo per avere con più chiarezza, profondità ed ecclesialità il polso della situazione

Chi sono gli utenti di Asianews? Avete un’idea di chi utilizza di più i vostri lanci?

Abbiamo fatto una ricerca alcuni anni fa. Attualmente la consultazione sta crescendo molto; i visitatori aumentano ogni anno del 20%. Quello che noi vediamo è che i giornali, le radio e altre agenzie online riprendono i nostri materiali. Ci sono molto giornalisti che utilizzano le nostre notizie. Poi ci sono anche diverse ambasciate e gruppi politici che leggono molto la nostra agenzia. Devo dire che ogni tanto si sente che anche nel parlamento italiano c’è un’interpellanza per un vescovo cinese o per i cristiani dell’Iraq, citando l’informazione offerta da Asianews. Poi ci sono personalità ecclesiali e infine i giornalisti. Per fare un esempio, in Asia, Asianews viene molto ripresa dai settimanali diocesani oltre che dai giornalisti dei giornali secolari. Ci sono inoltre leader di comunità e gruppi legati a blog o a Facebook, che discutono sulle notizie pubblicate in modo talvolta impressionante. Alcune volte si arriva a cinquantamila visite per un singolo articolo.

Quali sono i successi più gratificanti da un punto di vista professionale. C’è un episodio nella storia dell’agenzia di cui andate orgogliosi?

Anzitutto, dal punto di vista ecclesiale, la cosa più appassionante è che ci sono in Asia molti lettori che dicono di essere aiutati ad essere più missionari nei loro posti che a volte non sono facili, perché sono luoghi di persecuzione, dove la libertà religiosa è imbavagliata. Questo ci conforta, perché vuol dire che la nostra informazione serve ancora di più per la missione in questi luoghi martoriati. Seconda cosa. Quello che mi ha commosso di più è quando una volta il segretario del Papa ha detto ad uno nostro collaboratore, che lui era sempre pronto a leggere Asianews e appena c’erano articoli interessanti li stampava e li portava al Santo Padre Benedetto XVI. Questa cosa ci ha fatto immensamente piacere. Da un punto di vista del successo editoriale Asianews continua a vivere con uno staff che lavora in semivolontariato, quindi dedito all’ideale, e vive anche grazie all’aiuto di benefattori e di istituzioni. Non è un’agenzia ricca o potente, però riesce a dare un timbro all’informazione mondiale, ricordando fatti, questioni ed elementi legati alla dignità dell’uomo, alla libertà religiosa, alla persecuzione dei cristiani. Rileviamo che quando abbiamo iniziato, il problema della libertà religiosa e della persecuzione dei cristiani non era nemmeno affrontato. Ora invece è diventato più urgente, anzi è diventato un tema molto dibattuto anche se talvolta viene strumentalizzato da un partito o da un altro, oppure non si trovano soluzioni effettive così come vorrebbe il Papa e come vorremmo noi.

C’è tanta passione e dedizione alla causa dell’informazione, ma se dovessi parlare di una difficoltà di un’agenzia stampa missionaria?

La difficoltà è intrinseca al lavoro: la maggior parte dei corrispondenti vive in paesi dove non c’è libertà religiosa. E quindi per informare il mondo attraverso Asianews, alcuni di loro rischiano la vita e alcuni hanno pagato in modo duro questo impegno. Questa secondo me è la difficoltà obiettiva più grande.

Tu personalmente e l’équipe di Asianews, come vedete l’informazione missionaria in Italia in questa epoca?

Ci sono due cose che bisogna dire. Anzitutto che c’è un elemento tecnico importante e cioè l’informazione è diventata più veloce. Questo mette in crisi, in qualche modo, tutte le pubblicazioni su carta. Non le esclude, però di fatto le pubblicazioni su carta vengono ad avere lo stesso valore di un libro, ossia per tenerlo per leggere, rileggere o studiare. L’informazione è divenuta veloce e quindi, se si vuole fare missione nel mondo dell’informazione, bisogna trovare la maniera perché la Chiesa missionaria dedichi tempo, energie e soldi ad una velocizzazione dell’informazione. Questo punto è molto importante, perché è inevitabile che i problemi sono ormai giudicati in base all’informazione che si riceve. Chi arriva prima, pubblica per primo. Io questo l’ho intuito stando ad Hong Kong in missione, quando, prima ancora che arrivasse l’enciclica Veritatis Splendor, prima che noi avessimo il tempo di leggere l’enciclica, erano già venuti fuori sui giornali degli attacchi duri al Papa, alla cultura della vita portata avanti dal Papa e questo mostra come spesso l’informazione laica e antiecclesiale è molto più veloce dell’informazione cristiana e quindi sbaraglia perché in qualche modo crea un astio, una non-simpatia verso la missione e verso la Chiesa.

Il secondo problema che io vedo attualmente dentro l’informazione missionaria è che c’è poco il giocare l’identità cristiana dentro i problemi della missione. Si parla di tanti problemi della missione ad esempio l’ecologia, gli indios, la povertà, ma se ne fa spesso un problema morale di impegno, di zelo, di denuncia. Si fa poco una rilettura con un’identità cristiana forte di questi problemi per trovare e suggerire piste di costruzione di una nuova società.

Il terremoto del Giappone e la conseguente tragedia. Cosa puoi dire a partire delle vostre fonti sul posto? C’è qualche aspetto che Asianews ha toccato e che nei grandi giornali non ha trovato spazio?

Le cose che forse non sono troppo apparse nei media mondiali, e che i nostri corrispondenti hanno invece continuamente sottolineato, sono la gratitudine e la calma del popolo giapponese di fronte a questa catastrofe. La stampa mondiale lo ha attribuito semplicemente ad una sorta di stoicismo, una specie di “aver fatto il callo a qualunque cosa”, un po’ di fatalismo. E invece, secondo i nostri corrispondenti, questa è una rinascita di un cuore del Giappone che è fatto di gratitudine e semplicità. Le testimonianze sono sul fatto che lo tsunami ha insegnato a fidarsi, non tanto della potenza e della ricchezza e a tornare ad una semplicità di vita e ad una gratitudine verso ciò che si ha. Un’altra cosa della quale mi pare che sono Asianews abbia parlato è che la chiesa giapponese, che è una piccola chiesa (lo 0,5% della popolazione) sente in dovere di lavorare per la ricostruzione del Giappone., Hanno fatto un centro di raccolta di aiuti e di volontariato e le famiglie cristiane hanno ospitato anziani e bambini, terremotati e senza tetto. Sono cose piccole, dal punto di vista numerico, ma secondo me mostrano che la Chiesa giapponese è viva e vuole essere anche lei parte del rinnovamento e della ricostruzione del paese.


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I primi a sospettare sulla morte di mons. Padovese

Asianews è stata la prima fonte di informazione a gettare sospetti sull’omicidio di mons. Luigi Padovese, il vescovo italiano e vicario apostolico dell'Anatolia assassinato il 3 giugno del 2010 a coltellate dal suo autista nella sua casa di Iskenderun., formulando un’ipotesi di omicidio per motivi religiosi. Secondo l’agenzia il movente non era la follia, come detto a caldo dalle autorità turche, ma all'origine del gesto ci sarebbe stato un preciso rituale religioso.
“Mentre i giorni passano, si aggiungono nuovi particolari alla vicenda dell'assassinio e alla presunta insanità dell'assassino”, scriveva Asianews. “I medici che hanno effettuato l'autopsia hanno rilevato che mons. Padovese presentava coltellate in tutto il corpo, ma soprattutto dalla parte del cuore (almeno otto). La testa era quasi completamente staccata dal tronco, attaccata al corpo solo con la pelle della parte posteriore del collo. Anche la dinamica dell'uccisione è più chiara: il vescovo è stato accoltellato in casa. Egli è riuscito ad avere la forza di andare fuori, sulla soglia della casa, sanguinante e gridando aiuto e là avrebbe trovato la morte. Forse solo quando egli è caduto a terra, qualcuno gli ha tagliato la testa. Testimoni affermano di aver sentito il vescovo gridare aiuto. Ma ancora più importante, è che essi hanno sentito le urla di Murat subito dopo l'assassinio. Secondo queste fonti, egli è salito sul tetto della casa è ha gridato: 'Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!'. Questo grido - prosegue Asianews - coincide perfettamente con l'idea della decapitazione, facendo intuire che essa è come un sacrificio rituale contro il male. Ciò mette in relazione l'assassinio con i gruppi ultranazionalisti e apparentemente fondamentalisti islamici che vogliono eliminare i cristiani dalla Turchia”.
“Davanti a questi nuovi e agghiaccianti particolari - concludeva Asianews - sono forse da rivedere le dichiarazioni del governo turco e le prime convinzioni espresse dal Vaticano, secondo cui l'uccisione non avrebbe risvolti politici e religiosi”.

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