giovedì 22 ottobre 2009

Donna = Handicap?

Cercava di nasconderli sempre, ma i momenti di scoraggiamento erano tanti, soprattutto negli ultimi mesi. Giada faceva per la prima volta i conti con la vita, col "qui non ti regala niente nessuno". Nel suo paese del sud era cresciuta con buoni valori, l'inseparabile bicicletta, compagna di tanti sogni estivi e il primo e unico amore della sua vita. Era semplice e genuina, con un ottimo profitto agli studi classici e all'universita'. Sognava il futuro, una famiglia, un lavoro dignitoso, due gemelli... "Quando saro' grande vorro' anche cercare di aiutare gli altri con la mia professione..." si diceva spesso tra se'.
Ma l'ingresso nel mondo del lavoro fu davvero duro. Nei numerosi colloqui di lavoro, ai quali si presentava con tante speranze, le dava fastidio il clima da interrogatorio, ancor piu' che le raccomandazioni. Sembrava che gli interlocutori, piu' che delle sue competenze fossero interessati alla sua vita privata. Se era fidanzata, quando intendeva sposarsi, se aveva intenzione di avere subito dei figli, ecc. Questo la impensieriva, ma soprattutto addolorava. Sembrava quasi che l'essere donna fosse una sorta di handicap, un fardello, un impedimento di cui liberarsi.

In un mondo in cui conta spesso solamente corsa, profitto, motivazioni, si perde il senso delle cose. E anche chi assume, non si rende conto che le prime caratteristiche da scrutare nei candidati sarebbero la loro umanità unita alla competenza teorica e professionale. Suggerirei qualche domanda 'controcorrente' da porre a chi si presenta ad un colloquio di lavoro:

- Lei in cosa crede veramente?
- Quali sono i valori non negoziabili della sua vita?
- Come pensa di unire lavoro e vita familiare?
- In cosa si sente maggiormente preparato/a da un punto di vista teorico?
- Mi dice il nome di tre persone che attendevano con lei in corridoio questo colloquio di lavoro?

(foto di Elena Mannocci)

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